L’evoluzione del sistema bancario italiano dagli anni 60 ad oggi

di Mirko Cuneo

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A partire dagli anni 60, il sistema bancario italiano ha attraversato un periodo di profondi mutamenti. La Banca di oggi infatti è una realtà completamente diversa da quella di pochi decenni fa.

Se pensiamo che alcuni istituti di credito italiani hanno alle spalle una storia di secoli, fa ancora più impressione osservare la velocità con cui l’intero sistema bancario si è trasformato. E tutto questo è avvenuto in un arco di tempo relativamente breve.

Nel seminario annuale Assodir che si è tenuto a Firenze, è intervenuto su questo tema il dottor Gronchi, una figura di rilievo nel mondo bancario italiano dove ricopre i ruoli di Direttore di Banca Toscana, Dirigente Centrale e Provveditore Generale di MPS e successivamente di Banca Popolare Italiana e AD della Cassa di risparmio di S. Miniato.

Per capire che cosa è successo alle banche italiane, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo.

Cosa è successo alle Banche italiane?

Fino agli anni 60, l’attività principale del sistema bancario italiano consisteva nella raccolta (tipicamente conti correnti e depositi) e negli impieghi (prestiti, mutui, finanziamenti, anticipi e leasing).

I vincoli operativi sui tassi attivi e passivi erano garantiti da accordi interbancari e la formazione del personale era incentrata sui crediti.

Nel 1962 è avvenuto il primo cambiamento, quando vennero ammessi i depositi interbancari. Il fatto che fosse possibile negoziare i Buoni del Tesoro sanciva la separazione definitiva tra Bankitalia e il Ministero del Tesoro.

Per il nostro sistema bancario, questa data segnò l’inizio della concorrenza tra gli istituti di credito e l’inizio di un periodo di grande vitalità. Tuttavia, il modello della banca restava invariato come struttura di ruoli e di competenze.

Bisogna attendere altri 15 anni prima di assistere ad un nuovo mutamento.

Prima e Seconda Direttiva – la svolta delle banche italiane

Nel 1977 infatti viene emessa la cosiddetta Prima Direttiva, una direttiva europea che interviene in materia di libertà di stabilimento in Europa e che verrà recepita in Italia soltanto 8 anni dopo.

Nel 1989 viene emessa la Seconda Direttiva, che insieme alla prima costituisce una specie di legge bancaria comunitaria sovranazionale.

Entrambe le direttive non sono più in vigore perché sono state superate da accordi e normative più recenti, tuttavia hanno avuto l’effetto di imprimere una svolta alle banche italiane e trasformarle in imprese a tutti gli effetti.

Il testo unico bancario del 1993 (comunemente abbreviato in TUB) ribadisce ancora la natura imprenditoriale degli istituti di credito.

L’evoluzione delle figure professionali interne alla banca procede di pari passo con il progresso tecnologico e con l’introduzione di soluzioni informatiche, che rendono automatici alcuni processi e controlli e diminuiscono il potere dei titolari delle filiali.

Una nuova rivoluzione del Sistema bancario italiano

Bisogna aspettare fino al 2000 per assistere ad una nuova rivoluzione nei ruoli bancari, ancora una volta innescata dei progressi tecnologici.

L’introduzione dei derivati e la crescita dei sistemi di controllo hanno portato alla nascita della figura del Risk Manager e al trasferimento delle principali funzioni di analisi e di rating dalle filiali alla sede centrale e all’alta direzione.

La conseguenza di questa trasformazione è che le analisi di bilancio, la valutazione del merito creditizio e altre attività strategiche sono ormai centralizzate e supportate da software e procedure informatiche.

Il peso delle filiali si è ridimensionato e il ruolo del responsabile si riduce alla supervisione del personale dell’agenzia e alla guida dell’attività commerciale, con forte enfasi sugli obiettivi stabiliti dalla direzione centrale.

Uno degli effetti di questa trasformazione è che il sistema bancario italiano non è più in grado di supportare la crescita della ricchezza e del patrimonio dei clienti, che prima potevano essere raffigurati come una piramide, dove ad ogni livello aumenta il reddito ma si riducono i soggetti presenti.

Conclusioni

La nuova distribuzione della ricchezza vede una progressiva riduzione del ceto medio, che fatica a mantenere la propria posizione e scivola verso il basso ad ingrossare le fila della fascia a basso reddito.

In pratica, il nuovo modello di distribuzione della ricchezza ha una forma a clessidra, dove il livello alto e quello basso sono molto distanti e non c’è possibilità di risalire attraverso una crescita progressiva.

Da una parte, questo diverso modello di distribuzione della ricchezza è uno degli effetti della crisi e quindi ha cause esterne legate alla congiuntura economica globale. Dall’altra, anche gli istituti di credito hanno un peso determinante in questo processo.

Se le banche torneranno ad essere composte da professionisti del credito invece di venditori e promotori, allora sarà possibile tornare a creare ricchezza e sostenere gli investimenti e la crescita economica.

Il tessuto produttivo italiano ha bisogno di un sistema bancario fondato su valori etici, in grado di affiancare le famiglie e le imprese nella protezione del patrimonio e della ricchezza, nel superamento della crisi e nella ripresa dell’attività economica.

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Mirko Cuneo

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