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Google sotto accusa per concorrenza spietata verso i competitors

di Mirko Cuneo

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Il governo degli Stati Uniti denuncia la divisione Google incentrata sulle ricerche online. L’accusa è di aver attuato una concorrenza spietata verso i competitors per aumentare e proteggere il suo monopolio.

Dopo 14 mesi di investigazioni, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sta valutando se Google ha virato le ricerche degli utenti verso i propri prodotti, anziché proporre risultati neutri.

L’azienda Google controlla il 90% delle ricerche online solo negli Stati Uniti ed è da diverso tempo nel mirino dei competitors per queste ragioni. Il sospetto è cresciuto quando ci si è accorti dei guadagni esponenziali che Google ha registrato negli ultimi anni, trasformando la sua realtà in un vero e proprio monopolio online.

L’antitrust americana indaga sulla condotta di Google

L’antitrust americana è sul piede di guerra, perché quello che sta mettendo in atto Google è illegale e scorretto, una vera e propria concorrenza spietata e sleale. Questo comportamento, infatti, spingerebbe via dalle prime pagine tutti i principali competitors, lasciando spazio solo ai prodotti Google.

I garanti europei della concorrenza hanno già multato Google per miliardi di euro per aver infranto le leggi sull’antitrust. Gli Stati Uniti, però, non si sono mai mossi fino al 2013, anno in cui sono state chiude le indagini da parte della Federal Trade Commission. Oggi, il Procuratore Generale William Barr si prepara a denunciare Google e ad aprire un nuovo caso di monopolio. Era dai tempo di di Microsoft Corp. che gli Stati Uniti non facevano causa a un’azienda così grossa per un reato così grave.

Google sotto accusa per search bias e search distribution

La causa è stata supportata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che combatte da sempre contro il monopolio dei giganti online.

Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha incontrato alcuni membri di Google nelle scorse settimane per discutere con loro circa i due principali capi d’accusa: search bias e search distribution. Il search bias riguarda i risultati di ricerca, che virerebbero sempre di più verso prodotti Google anziché verso i suoi competitors. Il search distribution si riferisce, invece, ad accordi tra Google e terze parti per spingere il proprio motore di ricerca agli utenti potenziali.

Secondo alcune stime di Goldman Sachs, nel 2018 Google avrebbe pagato Apple Inc. circa 9 miliardi per far sì che il motore di ricerca di default su Safari fosse il suo. E poiché è praticamente impossibile per i piccoli motori di ricerca di competere con un colosso come Google, è evidente che ci troviamo di fronte a una concorrenza spietata e sleale che porterà, piano piano, alla scomparsa di tutti gli altri motori.

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Mirko Cuneo

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