Differenze principali tra stakeholder vs shareholder

di Mirko Cuneo

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stakeholders vs shareholders

Nel linguaggio del business moderno ricorrono spesso due parole che sembrano quasi intercambiabili: stakeholder e shareholder. In realtà, dietro queste etichette si nascondono due modi molto diversi di guardare all’impresa, ai suoi obiettivi e alle persone che gravitano intorno ad essa.

Da un lato ci sono gli shareholder, cioè gli azionisti che possiedono una quota del capitale della società e che guardano soprattutto ai risultati economici e finanziari. Dall’altro, gli stakeholder rappresentano un universo molto più ampio di soggetti che hanno un interesse nella vita dell’azienda, non solo in termini di profitto, ma anche in termini di stabilità, continuità, condizioni di lavoro, qualità dei servizi, impatto sul territorio e così via.

Comprendere bene il ruolo di queste due categorie non è un esercizio teorico: significa chiarire chi sostiene davvero la crescita dell’azienda nel tempo e quali relazioni andrebbero coltivate con più attenzione.

Prova a porti alcune domande:

  • Chi, nella tua attività, incide maggiormente sulla qualità del lavoro quotidiano?
  • Chi ha davvero interesse a che l’azienda esista ancora tra dieci anni?
  • Da quali relazioni arrivano i benefici più concreti, stabili e duraturi?

Tenendo a mente queste domande, diventa più semplice capire perché è importante distinguere tra stakeholder e shareholder e riconoscere il valore di ciascuno.

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Chi sono gli stakeholder 

Con il termine stakeholder si indicano tutte le persone, i gruppi o le organizzazioni che:

  • sono coinvolti nella vita dell’azienda;
  • possono influenzarne le decisioni o le performance;
  • vengono a loro volta influenzati dall’andamento del business.

Non si tratta quindi solo di chi possiede una parte della società, ma di chi, direttamente o indirettamente, ha qualcosa da guadagnare o da perdere a seconda di come l’azienda si muove.

In un’accezione ampia, tra gli stakeholder rientrano:

  • i proprietari dell’impresa;
  • gli azionisti;
  • i creditori e le banche;
  • i dipendenti e i collaboratori esterni;
  • i fornitori di prodotti e servizi;
  • i clienti, sia occasionali che abituali;
  • eventuali partner e alleati strategici.

Pensiamo alla quotidianità di un’azienda: il capo reparto che coordina un team è chiaramente uno stakeholder, ma lo stesso vale per il singolo dipendente che, con il suo impegno, contribuisce a mandare avanti un progetto. All’esterno, possono essere stakeholder il consulente che ti supporta nel marketing, il fornitore di materie prime, l’agenzia eventi con cui organizzi una fiera, fino al cliente che affida all’azienda una parte importante dei propri processi.

In alcune situazioni, perfino chi non ha alcun interesse diretto negli utili – ad esempio, una comunità locale impattata da uno stabilimento produttivo – può rientrare tra le parti interessate.

Stakeholder interni ed esterni: una distinzione fondamentale

Gli stakeholder non sono tutti uguali e non esercitano la stessa influenza. Per questo, di solito si distinguono due grandi categorie: primari e secondari.

Gli stakeholder primari o interni sono le figure strettamente legate alla struttura aziendale, spesso tramite un rapporto di lavoro o di partecipazione formale. Alcuni esempi:

  • dipendenti;
  • manager e dirigenti;
  • proprietari e soci operativi;
  • azionisti fortemente coinvolti nella gestione.

Queste persone vivono dall’interno le conseguenze delle scelte aziendali: il loro reddito, la loro stabilità professionale e spesso la loro crescita personale dipendono in parte dalla salute dell’azienda.

Gli stakeholder secondari o esterni non fanno parte dell’organico, ma hanno comunque un legame diretto con l’attività:

  • fornitori che basano una parte importante del fatturato sull’azienda;
  • clienti chiave che dipendono dai prodotti o dai servizi offerti;
  • partner strategici;
  • organizzazioni terze con cui l’azienda collabora in modo continuativo.

Se un grande cliente cambia fornitore o se un partner fondamentale si ritira, la vita dell’azienda può cambiare drasticamente. Allo stesso modo, se un’impresa smette di produrre, anche i suoi partner e fornitori ne risentono.

stakeholders interni ed esterni

Quali sono gli interessi degli stakeholder

A differenza degli azionisti puri, che spesso guardano al ritorno economico immediato, gli stakeholder sono generalmente orientati verso obiettivi di medio-lungo periodo.

Il loro interesse principale non è “guadagnare e scappare”, ma far sì che l’organizzazione resti in salute nel tempo. Alcuni esempi:

  • Un fornitore di bottiglie che lavora con una cantina non si preoccupa solo di quante bottiglie consegna in un anno: spera che l’azienda cresca, venda di più, produca più vino e rinnovi il contratto per molti anni, consolidando la relazione.
  • Un dipendente non guarda solo allo stipendio del mese, ma alla possibilità di sviluppare una carriera, migliorare il proprio benessere, lavorare in un ambiente sano e stabile.
  • Un cliente importante ha interesse che il fornitore mantenga standard elevati, continuità di servizio e affidabilità, perché da ciò dipende anche la qualità del suo prodotto finale.

La relazione tra stakeholder e azienda è quindi un rapporto biunivoco e continuativo: l’azienda ha bisogno degli stakeholder per crescere; gli stakeholder hanno bisogno dell’azienda per raggiungere i loro obiettivi.

Proprio per questo, nelle decisioni strategiche serie, la voce degli stakeholder andrebbe ascoltata, valorizzata e inserita nei piani di sviluppo, ad esempio tramite:

  • piani di marketing che tengano conto di clienti e partner;
  • politiche HR orientate al benessere dei lavoratori;
  • accordi di lungo periodo con fornitori chiave;
  • percorsi di co-progettazione con partner strategici.

Quando questo non avviene, e in particolare quando si trascurano i dipendenti, il rapporto tende a logorarsi: calano motivazione, fiducia e impegno, e nel tempo è inevitabile che si generino rotture, cambi di fornitore, turnover, conflitti interni.

Chi sono gli shareholders

Passiamo ora agli shareholder, ossia agli azionisti. Il significato è chiaro: si tratta dei soggetti che detengono quote del capitale sociale sotto forma di azioni e che, in quanto tali, diventano proprietari di una parte dell’impresa.

Il loro interesse è in gran parte concentrato sugli aspetti economico-finanziari:

  • desiderano che il valore dell’azienda cresca;
  • puntano all’aumento del prezzo delle azioni;
  • sono interessati alla distribuzione di dividendi;
  • valutano con attenzione tempi e modalità del ritorno sull’investimento.

Un azionista può:

  • acquistare azioni in borsa o in forma privata;
  • detenerle per un certo periodo nella speranza che il loro valore aumenti;
  • decidere di venderle quando reputa conveniente monetizzare il proprio investimento.

All’interno dell’organizzazione, in base alla quantità e alla tipologia di azioni possedute, un azionista può:

  • partecipare alla distribuzione degli utili;
  • votare in assemblea su questioni strategiche;
  • influenzare la nomina del consiglio di amministrazione;
  • consultare alcuni documenti finanziari.

In linea di massima, però, lo shareholder non è responsabile personalmente dei debiti aziendali: il suo rischio è limitato al capitale investito.

Tipi di shareholders

Gli shareholder non sono tutti identici. In base alle azioni possedute, si distinguono diverse categorie.

Azionisti comuni (azioni ordinarie)

Chi possiede azioni ordinarie viene considerato azionista “comune”. Le caratteristiche di queste quote sono:

  • possibilità di ottenere rendimenti potenzialmente più elevati, ma spesso nel lungo periodo;
  • diritto di proprietà su una frazione dell’impresa proporzionale alle azioni detenute;
  • diritto di voto sulle principali decisioni societarie;
  • partecipazione alla nomina del consiglio di amministrazione;
  • in caso di liquidazione, rimborso solo dopo che sono stati soddisfatti altri soggetti (creditori, azionisti privilegiati, ecc.).

Si tratta quindi di un investimento più esposto alle oscillazioni del mercato, ma potenzialmente più redditizio.

Azionisti privilegiati (azioni privilegiate)

Le azioni privilegiate hanno un profilo diverso:

  • garantiscono di solito una distribuzione periodica degli utili più prevedibile;
  • offrono spesso un rendimento complessivo inferiore nel lungo termine;
  • di norma non conferiscono diritto di voto o lo limitano;
  • danno priorità nel rimborso in caso di liquidazione dell’azienda.

Tra le azioni privilegiate si trovano le cosiddette azioni di risparmio, che non attribuiscono alcun ruolo nella governance, ma offrono vantaggi economici aggiuntivi (ad esempio, dividendi privilegiati o condizioni fiscali particolari).

differenza tra stakeholders vs shareholders

Differenze tra stakeholders e shareholders

Arrivati a questo punto, le differenze tra stakeholder e shareholder diventano più evidenti. Possiamo sintetizzarle così:

  • Gli stakeholder sono interessati al benessere complessivo dell’organizzazione: risultati economici, certo, ma anche stabilità, qualità delle relazioni, sicurezza del lavoro, reputazione, impatto sociale.
  • Gli shareholder concentrano l’attenzione soprattutto sull’andamento finanziario: utili, dividendi, valore delle azioni, prospettive di guadagno.
  • Gli azionisti puntano in genere a uno sviluppo nel breve o medio periodo, sufficiente a far crescere il valore del loro investimento.
  • Gli stakeholder guardano maggiormente alla durata della relazione, alla continuità dell’azienda, alla possibilità di costruire progetti stabili nel tempo.
  • Il legame tra azienda e shareholder esiste finché l’investitore detiene le quote: può interrompersi rapidamente con la vendita delle azioni.
  • Il legame con gli stakeholder, invece, spesso non può essere sciolto così facilmente: se un fornitore chiave sparisce, se un team interno si demotiva o se i clienti strategici se ne vanno, l’azienda ne risente profondamente.
  • Un azionista può anche essere stakeholder, ma non tutti gli stakeholder sono azionisti.

In sintesi: lo shareholder è focalizzato sulla massimizzazione del profitto, lo stakeholder sulla prosperità dell’organizzazione nel suo insieme.

Cosa dice la teoria degli stakeholder 

Questa visione più ampia dell’impresa è stata formalizzata nella cosiddetta teoria degli stakeholder, resa celebre negli anni ’80 da R. Edward Freeman.

Secondo questa prospettiva, l’azienda non dovrebbe esistere solo per creare ricchezza per gli azionisti, ma dovrebbe riconoscere e valorizzare il contributo di tutti i soggetti che partecipano ai suoi successi:

  • dipendenti;
  • fornitori;
  • clienti;
  • comunità locali;
  • partner strategici;
  • istituti finanziari e così via.

L’idea di fondo è semplice: se l’azienda cresce, è giusto che i benefici vengano condivisi anche con chi, in modi diversi, ha contribuito a quella crescita.

Molte realtà hanno adottato politiche che vanno in questa direzione, ad esempio:

  • piani di stock option o pacchetti azionari per i dipendenti;
  • bonus legati ai risultati aziendali;
  • programmi di welfare e benessere organizzativo;
  • iniziative di responsabilità sociale verso il territorio o le comunità.

In questo modo si trasforma il dipendente (o il partner) da semplice esecutore in alleato del brand, coinvolto e motivato a far crescere l’impresa perché ne trae un beneficio diretto.

Come gestire al meglio la tua attività

Un’impresa sana non può ignorare né gli stakeholder né gli shareholder. Entrambi sono essenziali, ma contribuiscono in modo diverso:

  • gli investitori offrono la benzina finanziaria necessaria per avviare e sviluppare i progetti;
  • gli stakeholder mettono in campo energie, competenze, relazioni e fiducia che permettono all’azienda di restare sul mercato nel lungo periodo.

Per gestire al meglio la tua attività può essere utile:

  • mappare i tuoi stakeholder: capire chi sono, quanto sono vicini all’azienda, qual è il loro grado di influenza e interesse;
  • riconoscere il valore che ognuno porta: non solo in termini di fatturato, ma anche di continuità, reputazione, know-how, relazioni;
  • motivarli e ascoltarli: nel caso dei dipendenti, attraverso politiche chiare di crescita, feedback, formazione, attenzione al clima interno;
  • curare i rapporti con i fornitori chiave: costruendo relazioni collaborative invece che puramente transazionali;
  • valorizzare i clienti più importanti, offrendo esperienza, assistenza e dialogo;
  • coinvolgere i partner nelle scelte strategiche, quando possibile, per sviluppare una visione condivisa.

Cambiare prospettiva non è immediato: richiede tempo, consapevolezza e una certa disponibilità a rivedere il modo in cui si è sempre guardato al business. Tuttavia, considerare l’azienda come un ecosistema di relazioni invece che come una semplice macchina per generare utili per gli azionisti può fare la differenza tra un successo effimero e una crescita solida e duratura.

In definitiva, imparare a distinguere e gestire al meglio stakeholder e shareholder significa dare più stabilità al presente dell’azienda e, soprattutto, più possibilità di futuro.

So che non è facile cambiare prospettiva, ma solo in questo modo puoi assicurare un maggior valore alla tua azienda per gli anni a venire. Contattami per una consulenza, ti indicherò le azioni da svolgere per portare la tua attività a livelli ottimali.

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Mirko Cuneo

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